martedì 28 gennaio 2014

Il grande Gatsby




Il grande Gatsby è sicuramente il mio romanzo preferito.
È un inno alla speranza, Gatsby è la speranza, ma procediamo con ordine.
L’opera è un romanzo di Fitzgerald, autore americano, pubblicato nel 1925 e ambientato a Long Island, precisamente a West Egg –toponimo fittizio di Kings Point- nell’ estate del 1922.
Il narratore è Nick Carraway, vicino e amico di Gatsby, protagonista dell'opera.
Nick è affascinato da Gatsby, riconoscendo in lui “qualcosa di splendido, una sensibilità acuita alle promesse della vita".
Gatsby incarna il sogno americano, rappresentato dalla luce verde, alla cui vista si perde, anelando un futuro simile al suo passato.
Il più grande desiderio del protagonista è, infatti, rivivere l’amore di Daisy.
Gatsby è misterioso, affascinante, capace di amare al punto da annullarsi; Gatsby è grande!
La grandezza del passato è però un’ombra che oscura la vita del protagonista.
Il grande Gatsby è una critica alla ricchezza e superficialità di quegli anni.
Nonostante le grandi feste, Gatsby è solo. Nonostante la sua famiglia, Daisy è sola.
Simbolo della solitudine sono gli occhi del dottor T. J. Eckleburg che si scorgono su un grande cartellone pubblicitario a metà strada tra New York e West Egg.
Personalmente ho interpretato lo sguardo agghiacciante del dottore come gli occhi della società, occhi carichi di facili giudizi, inclini a una finta moralità.
L’intero romanzo trasmette solitudine, estraniandoci dalla realtà che ci circonda.

Noi, lettori, siamo spettatori incantati dal luccicare di quel mondo fastoso, abbagliati da vestiti gialli –seppur di un colore smorto-, siamo investiti dal bagliore verde che sempre abbiamo di fronte e mai accanto, siamo osservatori, forse come il dottor T.J. Eckleburg, di quell’ insensatezza che ci rende imperfetti, simili spesso ai protagonisti, ma incredibilmente umani.

Starà a Noi trovare la nostra luce verde e inseguirla, ricordandoci di scorgerla dinanzi, verso un futuro migliore, per non essere "barche che remano contro corrente, risospinti senza posa nel passato": perché se c'è una morale in questo capolavoro, sicuramente è questa...

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