Colpa delle stelle
John Green
È questo il problema
del dolore
[…]
esige di essere sentito
Hazel ha sedici anni, è una miracolata, una ragazza che per
un soffio, grazie ad un farmaco sperimentale, ha superato una grave crisi e ora
la sua malattia è in regressione.
Hazel non ha più voglia di vivere perché la malattia è stata
ed è sfiancante, perché la vita privata si è ridotta a stanze asettiche di
ospedali e repliche, guardate sul divano con i genitori, di American next top
model.
Poi un giorno incontra Augustus…
Lo so, molti ne hanno parlato, tanti l’hanno amato, altri –pochi-
pensano che questo sia un romanzo per soli adolescenti, ed io cosa ne penso?
Mi è piaciuto, sì e anche molto, ma non sono riuscita subito
a dar forma concreta al mio pensiero che per mesi non è stato capace di
tramutarsi in parole ed è restato lì, sospeso, in attesa di liberarsi.
Ed eccolo qui, adesso, questo dannato pensiero.
Hazel è un’ adolescente che si comporta da adulta. Hazel è
un’adolescente che si comporta come tale.
Augustus è come Hazel: giovani cresciuti in fretta perché la
consapevolezza della fine e il dolore inevitabilmente contorcono il tempo e poi
lo dilatano. Ma sono sempre ragazzi, sono emotivi, a tratti immaturi,
capricciosi per certi versi eppure sempre misurati perché anche quando si
comportano da adolescenti, si avverte il peso degli anni dilatati dalla
malattia e dal dolore.
“Il dolore esige di
essere sentito” dirà Augustus a Hazel.
Il dolore in tutte le sue forme, fisica ed emotiva, ci
stringe il cuore dall’inizio alla fine eppure, cavolo, io ho continuato a
sperare fino alla fine…
Augustus vuole vivere, Augustus non spera di vivere, vive!
Augustus però vorrebbe essere ricordato per qualcosa di
grande e non con post sulla bacheca di facebook…
Augustus è irritante quando afferma, convinto e incurante
dei sentimenti di Hazel, di non voler essere ricordato solo come un malato.
Perché sì, anche Gus, come la protagonista lo chiama, è
malato.
Colpa delle stelle è un romanzo intimo non solo per la
narrazione in prima persona dal punto di vista di Hazel, ma soprattutto dallo
svisceramento dei sentimenti del lettore.
Colpa delle stelle è intimo perché emoziona, commuove e fa
piangere perché smuove i moti del cuore, perché fa riflettere.
A un certo punto ci si domanderà se il dolore non rende la
vita degna di essere vissuta, e no è la mia risposta!
Il dolore è dignità
stessa, non c’è nessuno più degno di vivere di un malato.
Mia madre è stata malata e mio zio lo è tuttora. La malattia
li ha atterriti ma non ha tolto loro la dignità di vivere, il dolore non ha
impedito loro di abbracciare i figli, di sgridarli e mandarli anche a quel
paese delusi.
La malattia rivela le persone, non il peggio né il meglio,
le rivela e basta perché il tempo è tiranno e si contrae e dilata in continuazione
e la consapevolezza di non essere eterni spinge a rivelarsi per non avere
rimpianti non tanto verso se stessi, ma verso chi si ama e questo è un atto d’amore
spesso non colto, o non apprezzato.
Colpa delle stelle per me è stato difficile da leggere e
ancor di più è stato difficile dar forma a un pensiero carico di emozione e
influenzato dall’esperienza personale.
Mi riprendo e aggiungo che la struttura con cui è narrato è
perfetta, che il linguaggio è curatissimo che i cambiamenti di Hazel si
avvertono dalle parole, perché Hazel non dirà chiaramente cosa prova ma si
capirà con una sola parola. Non aggiungo altro per non far spoiler…
Leggetelo, se vi va.